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Dae umbe benimus

SARDIGNA NATZIONE INDIPENDENTZIA

Chi siamo ?

Siamo la riscossa della Sardegna che non vuol più essere calpestata ed oppressa. Siamo gli occhi dei Sardi che vedono il fiume di ricchezza che scorre nell’Isola finire nelle banche milanesi e romane, nelle casseforti degli affaristi internazionali. Siamo i sardi che vogliono progettare come valorizzare le proprie risorse, come indirizzare il proprio lavoro, come costruire un futuro giusto sulla propria terra, per realizzare un nuovo modello di civiltà , una società sarda non più dipendente dall’elemosina e dall’assistenzialismo di stato. Siamo la voce dei sardi che vogliono continuare ad essere, con la propria cultura, la propria lingua, la propria storia, protagonisti in pace e libertà delle vicende della propria terra.

Con quali progetti ?

Riconoscimento ufficiale della nazione Sarda, bilinguismo perfetto, progetto di sviluppo autogovernato, autogover­no fiscale, difesa e valorizzazione e fruizione sociale del territorio, costruzione di un circuito economico dell’area mediterranea, autogoverno dei trasporti, flotta sarda, aeroporto internazionale, porto commerciale in­ternazionale, superamento delle servitù e vin­coli militari, zona franca integrale, punteggio di residenza, sono solo alcuni dei progetti che ci stanno davan­ti.

Ma tutto ciò non potrà avvenire senza il prota­gonismo della gran parte dei Sardi. La Sarde­gna ha bisogno di ognuno di noi, del nostro im­pegno per mantenere alti valori di una tradi­zione millenaria che vuole proiettarsi verso il fu­turo, che può cambiare le cose costruendo un governo sardo per i sardi.

Sardigna Natzione si batte per dare alla nostra gente quanto e stato tolto in tanti anni di malgoverno, perché la Sardegna torni ai Sardi.

Ottenere ciò è possibile perché possiamo esse­re chi siamo, possiamo ottenere ciò che voglia­mo, possiamo pretendere ciò che ci spetta, sia­mo Sardi e la Sardegna è nostra. Sardigna Natzione vuole essere l’espressione della no­stra gente, dei suoi desideri, delle aspettative, dei diritti e delle certezze per un domani che non assomigli a ieri.

Pro esser prus craros

Sardigna Natzione est s’unione politica de movimentos, partidos, sotzios, omines e fe­minas chi tenen sa Sardigna in sa mente e in su coro e chi an cumpresu chi pro affor­tire sa pelea pro sos dirìttos de sos sardos bisonzat de fraigare unu movimentu mannu de unione natzionale. Sardigna Natzione che cheret ghettare a terra sos mureddos de sas tancas de sos partidos pro liberare su movimentu sardu dae sa gana de cumandare e de s’arricchire de sos barones novos, politicantes canistergius, chi benden sa terra issoro a sos meres conti­nentales. Sardigna Natzione est sa cara bo­na de chie bolet gherrare contra sa politica fatta dae partidos chi si naran sardos ma sun a pitza a sa limusina de sos partidos continentales. Sardigna Natzione est naschida dae sa cuncordia de su Partidu Sardu Indipendentista, Lega Sardegna Federale, su Movimentu de sos Emigrados, su Movimentu pro su Sardi­smu, su Movimentu Tommaso Maiolu; est aberta a donzi sardu, e cheret chi sa natzio­ne sarda siat reconnotta in s’ordinamentu de s’istadu, ca unu populu chi uffitzialmente no esistit non tenet perunu dirittu. Sardigna Natzione gherrat pro s’autodeterminatzione e s’autoguvernu de su populu nostru. Sardigna Natzione collit s’eredidade e sas pandelas de lutta de tottu sos omìnes e sas feminas chi an colau sa vida peleande pro sa libertade sotziale e natzionale de sos Sardos.

Sardigna Natzione no est unu partidu politi­cu chi servat a si seztere in sas cadiras de su potere, ma unu modu de pessare, unu di­sizu de libertade Est su sotziu de sos Sar­dos dignos e fieros chi cheren fraigare una Sardigna nova chi crescat dae sas raichinas de s’istoria e sa curtura nostra Una Sardigna in ube sas siendas chi tenimus non sian prus impedias de produire ma facan sa prosperidade de tottus. Su populu nostru depet essere mere in domo sua, ca tenet su dirittu a sa soberanidade natzionale.

In custu dirittu atzapat sas raichinas s’ isse­peru de cherre fraigare una zivilidade nova.

Adesione a Sardigna Natzione

Possono aderire a Sardigna Natzione tutti i cit­tadini che ne appoggiano le iniziative, ne so­stengono la linea politica e contribuiscono alla sua crescita con l’elaborazione e l’azione. Pos­sono aderire gruppi, associazioni, movimenti che abbiano per statuto, per regolamento o per pratica l’impegno a favore dei diritti collettivi e individuali dei Sardi.

Al di fuori dei comuni obbiettivi e dei programmi liberamente sottoscritti, ogni soggetto parte del­la coalizione conserva piena autonomia di elaborazione e di iniziativa nel rispetto dei principi della lotta popolare, democratica e non violenta. La coalizione è organizzata secondo modelli fe­derali e tutti soggetti che aderiscono hanno diritto di essere rappresentati indipendentemen­te dalla propria consistenza numerica. Le riu­nioni sono pubbliche e le decisioni sono assun­te con la maggioranza dei soggetti presenti. Sono costituiti un coordinamento nazionale che assolve ai compiti di direzione e rappresentanza ed una Direzione Nazionale e di un Coordinatore Nazionale che si fanno re­sponsabili della tutela dei diritti democratici di tutte le componenti e singoli aderenti e favori­scono il confronto politico e culturale nel dibattito interno.

In occasione delle consultazioni elettorali i can­didati di Sardigna Natzione vengono scelti per mezzo dell’indizione di elezioni primarie aperte a simpatizzanti iscritti ed elettori. Sardigna Natzione svolge la propria attività nel­la massima trasparenza.

Le radici del nostro pensiero politico

A chi ci chiede che cosa sia Sardigna Natzione, rispondiamo che noi siamo il raccolto di quei semi che i nostri padri, stanchi delle umiliazioni, delle ruberie e dei genocidi subiti dal nostro popolo, hanno messo a germoglio nel nostro cuore e nella nostra mente perché rimanesse vivo il desiderio di poter un giorno essere padroni della nostra terra e del nostro mare, poter parlare la nostra lingua e conoscere la nostra storia.

Sardigna Natzione ha dunque una sua motivazione ed una sua storia, nasce da una maturazione politica ed organizzativa compiuta dal nazionalismo sardo.

Negli anni settanta, alcuni circoli nazionalisti, non riconoscendosi nella fallimentare politica autonomistica del Partito Sardo D’Azione, diedero vita a dei movimenti non ancora chiaramente indipendentisti ma schierati tutti per l’autodeterminazione del popolo sardo.

Il più importante di questi movimenti fu SU POPULU SARDU, che con lo slogan SARDIGNA=COLONIA iniziò la sua lotta per l’autodeterminazione economica, culturale e sociale del popolo sardo. Negli anni ottanta i nazionalisti sardi si resero conto che bisognava superare l’indeterminatezza del concetto di autodeterminazione e rivendicare con forza e chiarezza l’indipendenza della nazione sarda.

Chiusa l’esperienza di Su Populu Sardu, parte del quale confluì nel PSd’Az, Angelo Caria, ex lider di S.P.S fondò il Partidu Sardu Indipendentista .

Il partidu sardu indipendentista, costituito da patrioti che hanno giurato fedeltà alla patria sarda, volendo costruire una casa comune per tutti i nazionalisti sardi, superando la distinzione tra destra, sinistra e centro, insieme ad altri movimenti, sardisti, federalisti e nazionalisti ha dato vita alla meravigliosa esperienza di SARDIGNA NATZIONE.

Sardigna Natzione non è un partito

Sardigna Natzione, non è un partito e forse neanche un semplice movimento politico, è qualcosa di nuovo che non può essere facilmente etichettata in senso tradizionale.

Al suo interno vi sono diverse “anime” politiche, tutte ugualmente preziose, perché stimolano il dibattito interno e sono saldamente unite dalla comune rivendicazione nazionalista sarda.

La sua struttura politica attuale è costituita da un coordinamento nazionale, massimo organo decisionale, attualmente composto da 43 componenti in parte eletti e in parte cooptati, una direzione nazionale composta da 5 membri fissi e 2 ad acta e da un coordinatore nazionale. Il coordinatore nazionale di Sardigna Natzione è attualmente l’Ing. Bustianu Cumpostu, subentrato al fondatore Angelo Caria recentemente scomparso.

L’organizzazione dispone anche di un sistema di mobilitazione militante disponibile in qualsiasi momento, il sistema chiamato delle “CHENTU BERRITAS”, che non è un corpo militante formato da persone ma semplicemente da uno scatolone con cento berritas ( tradizionale copricapo sardo, in panno nero), che in caso di mobilitazioni vengono indossate dai sardi che ne fanno richiesta e che in quel momento vogliono ufficialmente rappresentare il loro popolo. Alle elezioni politiche ci siamo presentati sempre da soli, abbiamo sempre rifiutato qualsiasi alleanza con i partiti italiani, il nostro obiettivo non sono i risultati elettorali vogliamo solo essere una bandiera dei sardi liberi: alle ultime politiche, nella circoscrizione Sardegna abbiamo superato abbondantemente il 5%.

Non siamo isolati

Abbiamo relazioni internazionali con tutte le nazioni senza stato, Corsi, Baschi, Catalani, Irlandesi, Curdi, Palestinesi, ed altri. Con le minoranze etniche dello stato italiano, abbiamo dato vita al polo dei popoli e nonostante la ristrettezza di mezzi siamo riusciti a darci una buona struttura organizzativa. Riteniamo che tutto ciò aiuti la Sardegna a darsi una soggettività internazionale e possa quindi, svolgere a pieno e senza l’impedimento dello stato italiano il suo ruolo di nazione d’Europa e del mondo.

Il nostro progetto è chiaro e ben definito, sappiamo quali sono gi impedimenti e quali sono le forze in campo.

Noi patrioti sardi di Sardigna Natzione siamo indipendentisti, vogliamo che il popolo sardo sia sovrano sulla sua terra, non siamo contrari al federalismo ma siamo del parere che non si possa parlare di stati federati se prima ogni stato non ha conseguito la propria indipendenza e dunque la possibilità di respingere, accettare e se necessario rescindere il patto federale. Nemici di questo progetto sono i centralisti, gli unitaristi, i finti federalisti, gli internazionalisti per fede ed in particolare l’imperialismo economico e politico che nel nostro caso si concretizza nello stato colonialista italiano. Con i primi il confronto può rimanere sul piano ideologico e al limite ognuno può rimanere con le proprie convinzioni senza prevaricare o farsi prevaricare.

Con il secondo, con lo stato centralista, il confronto non è alla pari, alle nostre idee, ai nostri diritti e alle nostre rivendicazioni esso si oppone con la forza, con l’esproprio culturale, con il clientelismo, con il ricatto e con la rapina delle nostre risorse.

Esso impedisce il nostro sviluppo e non permette al nostro popolo di esercitare la sovranità sul proprio territorio.

Come già detto il confronto non è alla pari, in queste condizioni la millenaria lotta del popolo sardo, per la libertà, potrebbe essere ancora una volta perdente.

Il nostro progetto

Bisogna scardinare la blindatura dello stato italiano, esso non è il nostro stato è uno stato straniero che ci ha assoggettati e ci tiene prigionieri.

I patrioti sardi hanno il diritto ed il dovere di cercare alleati, sfruttare le contingenze favorevoli e usare qualsiasi mezzo per rompere le catene della detenzione. La nostra lotta non è secessione ma liberazione, il nostro popolo non fa parte della nazione italiana, non siamo ne migliori ne peggiori ma sicuramente diversi e dunque un’altra nazione, la nazione sarda. Rivendichiamo i nostri diritti nazionali e se per averli è necessario liquidare lo stato centralista noi indipendentisti siamo pronti a contribuire con quanto è nelle nostre possibilità. Nel nostro progetto non è comunque l’isolamento l’obiettivo finale, noi non vogliamo un popolo sardo isolato e in regime di autarchia, vogliamo l’indipendenza per porre le basi di un federalismo basato sulla libera e paritaria adesione degli stati membri.

L’utopia può diventare realtà se si creano due condizioni fondamentali; il nostro popolo diventa sovrano sulla Sardegna indipendente e nessun altro stato avanza pretese di sovranità sul territorio sardo. Queste due condizioni si possono conseguire solo con la dissoluzione dell’attuale stato italiano, bisogna entrare all’interno delle contraddizioni che stanno portando il nord, suo punto forte, a diventare il suo punto debole, accentuarne lo scontro e portare il centralismo panitaliano all’autodistruzione. Solo in questo modo si potranno liberare le potenzialità delle nazioni storiche e delle nazioni di volontà che oggi si sentono imprigionate all’interno dello stato centralista italiano. Saranno esse le protagoniste di un nuovo modo di aggregare i popoli e costituire stati federali amalgamati dal cemento del reciproco rispetto tra gli stati membri e non dalle armi degli eserciti e tantomeno dalla imposizione di false patrie e inesistenti nazioni. E’ in questo contesto che Sardigna Natzione ha assunto la determinazione di dare più forza alla sua politica estera ed ha deciso di intrattenere rapporti con tutti i movimenti politici, interni o esterni allo stato italiano, che lottano per la propria indipendenza e/o riconoscono il diritto del popolo sardo autodeterminazione. Non potevamo dunque trascurare il fenomeno Lega e le sue intuizioni nazionaliste. Per Sardigna Natzione la Lega Nord è un movimento indipendentista straniero che si fa interprete della volontà del proprio popolo di riconoscersi come nazione per cui le nostre relazioni con essa rientrano nella nostra politica internazionale con le nazioni senza stato. Ci teniamo comunque a chiarire, senza voler minimamente interferire sulla politica interna della nazione padana, che siamo fermamente contrari ad alcuni punti della politica sociale portata avanti dalla Lega in quanto lasciano trasparire, forse anche in maniera ingiustificata, atteggiamenti razzisti e antimeridionalisti che non possiamo condividere. Ciò non ci impedisce di capire che la Lega sta contribuendo a creare le condizioni storiche che possono determinare la concrettizzazione delle aspirazioni di indipendenza del nostro popolo. La nostra scelta, di dare più peso alle relazioni con l’estero e dunque anche con la Lega, intende conseguire due obbiettivi che riteniamo fondamentali;

– vogliamo cogliere l’occasione storica per contribuire ad indebolire lo stato centralista italiano e far capire che esiste un altro modo più democratico e moderno di concepire le aggregazioni tra popoli.

– vogliamo dimostrare che essere indipendentisti non significa volersi chiudere nel proprio isolamento ma al contrario significa volersi porre in relazione con gli altri popoli, da protagonisti e non da sottomessi.

Questa nostra scelta, è condivisa da tutta Sardigna Natzione, sarà nostro compito farla capire a tutti i sardi e non rovinerà certo i rapporti con i partiti italiani poiché al momento sono di totale contrapposizione in quanto per noi nazionalisti essi sono la longa manus e l’alter ego dello stato italiano in Sardegna.

NATZIONE E CUSSENTZIA NATZIONALE DE SU POPULU SARDU

Custu grustu de pessones chi cramamus Sardos istan in d’unu territoriu a banna , son divessos da ateros gruppos in sa linba , in sa curtura, in s’istoria, in su canpu sotziale e economicu, an sa cussentzia de aere un’dentitate divessa e particulare e an disitzu de si ordire a sa sola sos tretos culturales , sotziales e puliticos .

Custos caratiles aken de su populu sardu una natzione a su paris de totu sas ateras.

Su territoriu a banna sos sardos lu possedin e bi istan dae seculos e seculos, no est in cundierra kin nessune ca su territoriu est ocupatu solu dae sardos .

Sa curtura.

Sos caratiles de sa curtura son sas maneras de produire, de ordire s’ecunumia, sos sistemas de parentela, sas credentzias,s’arte, sa literatura, su forcrore, sas maneras de cukinare, de ammorare , de mustrare cuntentesa e dispiaghere.

Si sa curtura duncas est data dae sas maneras ki una cumunitate usat pro si ordire sa vita in d’unu territoriu pesso ki nessune potat negare ki, una propria curtura sos sardos la possedin jà dae meta e, si at mantesu a totu sas invasiones ki bi son istatas, keret narrer ki est vinas vene funnata.

S’istoria comune.

S’istoria comune sos sardos l’an sufferta e subita paris, un’istoria ata de invasores, destruimentos e de uras.

Un’istoria cuata a sos sardos pro los lassare kene raikinas e kene kussentzia.

Sa linba.

Sa linba sarda, una linba mutza e proibita ma galu via e in gradu de esprimere calesiat argumentu de curtura de iscientzia o de pulitica.

Su vatu ki siet partita in tres variantes , frutu de sas partijones de territorios kerfitas dae sos alarpes antzenos, no li leat ma la metzorat ca la arrikit de paraulas e li dat prus possibilitate de esprimere atziones, sentimentos e curtura.

Kussentzia de s’identitate.

Apenas ne an apitu sa possibilitate sos sardos an senper tentatu de si ordintzare a sa sola .

Custu disitzu no est resessitu in prenu , pro gurpa de sos interessos antzenos , mai però est mancatu su sapimentu de essere unu populu a banna e de aere un’identitate particulare.

Su incontru ki semus fakenne oje n’est una prova.

Su essere o non natzione no est una cosa a lea pone a sicunna de sos interesses de su mamentu o de su potente de turnu.

In cust’ epoca de dominatzione capitalista est prorpiu custu feudalesimu novu ki non devet aer nessunu diritu de detzidere cale populu est nazione e cale nono.

No at nessunu diritu ca est propriu su sistema capitalista, chi est permitinne sa mortificassone de Bascos, Irlandesos, Corsicanos, Sardos, Curdos e Palestinesos .

Kanno custu sistema s’est movitu pro su Kuwait, pro sa Croazia, pro sa Bosnia o pro sas repubricas de sa ex URSS l’at fatu solu pro difennere sos interesses proprios e pro annangher vassallos novos a s’imperu Americanu-capitalista.

Esser natzione, pro unu populu, est unu datu oggettivu e non potet dipenner dae su parrer de istatos diretamente interessatos e avesos a petire s’autodeterminatzione in domo antzena e a su matessi tenpus sikire a faker sos opressores in domo issoro.

No est dae meta infatis ki Inghilterra, Frantza e Italia si son movitos armatos pro liberare su Kuwait e in su prestantu kin sas matessi armas an sikitu a negare sa libertate a Irlandesos , Corsicanos e Sardos.

Su cuntzetu de natzione est ke i su cuntzetu de pessone, comente no esistin pessones de prima e pessones de sicunna sa matessi cosa est pro sos populos non b’at natziones superiores o inferiores.

E comente no est signu de civiltade e democrazia su ratzismu, chi discriminat tra pessone e pessone, no lu est mancu su etnocentrismu , ki discriminat tra natzione e natzione.

S’etnocentrismu est su cunportamentu de cussos populos ki si cunbinken de aer un curtura superiore e pessan ki carcunu lis apat datu sa misssione de intzivilire sos ateros populos inponenne sa curtura e sa dominatzione issoro.

Custu est su cunportamentu tipicu de sos istatos colunizadores, vetzos e modernos , ki non senper son etnocentricos ma lu diventan pro aer s’iscusa de poter isfrutare e dominare un’ateru populu.

Esser natzione, pro unu populu, no est cosa de pacu contu ca esser natzione keret narrer aer su dirittu a s’autodeterminatzione e a si fraigare un’istatu a contu suo.

Tale dirittu in su 1977 est istatu puru declaratu dae s’ ONU ki in d’unu trettu narat “Sos populos an su dirittu a s’autodeterminatzione, in accordu kin sal letzes internatzionales e in base a tale dirittu issos seperan liberamente comente istare kin sos istatos inumbe como vivene.”

Supra custas kistiones puru Lenin e Istalin fin democraticos.

In su mese de santugaini de su 1917 in sa “Declaratzione de sos diritos de sos populos russos” in su puntu n. 2 b’at iscritu, “Diritu de sos populos de sa Russia a s’autodeterminatzione kene escludere sa possibilitate de si poter separare e fraigare un’istatu indipendente, firmatu dae Lenin , presidente de su soviet, e dae Istalin , commissariu pro sas kistiones de sas natzionalitades.

Vinas supra de su cuntzetu de natzionalidade Lenin e Istalin son istatos craros, si potet antzis narrer chi sa definitzione moderna de natzione , ki est cussa ki bos apo lessu a s’incumintzu ,enit propriu dae cussa c’at datu Lenin in su 1914 e 1916, su fatu ki poi Istalin no apat mantesu su natu custu no leat nudda a sa valididade de sas ideas.

Supra de su cuntzetu de natzione b’an faeddatu puru ateros istudiosos e puliticos e totu n’an datu una definitzione de tipu etnicu e no istatuale.

Son sos istados colonitzatores ki aken de totu pro cuare su cuntzetu de natzione in palas de su cuntzetu de istatu akenne intenner ki son sa matessi cosa e ki unu populu est natzione solu si est puru istatu.

Custas arrejonos, ki paren solu inbolicos de paraulas, nos dan sa certa, ki sos italianos , urtimos dominatores de Sardigna , son sos peus, peus de sos punicos , arabos, romanos, genovesos , pisanos e ispagnolos ca mai che a oje su sistema de acculturatzione est istatu gai iscentificu e capillare e mai su dominatore at apitu in manos medios potentes ke i sos de oje , zornales, televisiones, iscolas e preicatores.

Mai ke a oje sa natzione sarda est istata atacata dae sas funnamentas.

Est justu duncas, ki meta sardos, sicuros ki su populu nostru siat una natzione apan detzisu de gherrare pro ki custu populu apat su diritu de detzidere su destinu suo, pro sa suveranidade.

Gherrare pro sa suveranidade e pro s’autodeterminatzione, pro meta sardos est intesu comente unu dovere ca an sa cussentzia de esser s’incunza de cussos semenes ki generatziones de sardos, istracos de sos meres antzenos, an semenatu in su sanbene sardu pro ki seret restatu viu su disitzu de esser meres in domo nostra, su disitzu de poter patire e godire de custa terra e de custu mare prenos de rikesas, su disitzu de poter faeddare e fakere curtura kin sa linba nostra su disitzu de achere iskire a sos tzovanos ki sos sardos puru an un’istoria.

Custos disitzos, pro carki intelletuale e carki politicu, sardu solu de sambenatu , est un’arrejonu ratzista.

Custa tzente servit a mistificare sa realtade e non son organicos mancu a sos mere issoro.

Ratzismu est su totalitarismu ki kircat de distruere tzertas curturas pro ne inponnere ateras.

Ratzismu est cussiverare sas ateras etnias e sas ateras curturas inferiores e las kerrer tramutare a propria cunbenia e assimitzu.

Petire sa divessitate propria no est ratzismu ma liberalitade ca keret narrer reconnosker puru sa divessitate e sa pari dignitade de sos ateros .

Ed est solu supra sa pari dignitate de totu sos populos ki si potet fraicare un sotziu europeu e mundiale.

Meta sardos an sa cussentzia de esser parte de un’etnia e de unu populu divessu dae sos ateros pupulos de s’Italia e de s’Europa.

Custa cussentzia no est presente solu in s’animu de sos natzionalistas (indipendentistas e sardistas), no est una kistione de iskieramentu politicu, est presente in s’animu de totu sos sardos, a livellos divessos a sicunna de sa compressione puliticu-ideologica e curturale ki an subitu.

Est manna in sos natzionalistas ca est a sa base de s’ideologia issoro.

Est meda bona in sos disterrados in s’estero e bona in sos disterrados in continenente ca si aket intenner de mancu sa pressione specifica de sos masmedia de sos puliticos e de s’iscola, no aken interventos programmatos e miratos a impedire ki sa cussentzia etnica diventet pulitica e ponzat in crisi su potere issoro.

Est bona puru in bona parte de sos sardos residentes , est media o cuata in sos militantes e dirigentes de sos partitos italianos.

Pesso de no essere atzardatu a affirmare chi dontzi sardu a craru o a cuatu est unu sardista, diat esser a narrer ki s’intennet prus sardu ki italianu.

Custa cussentzia de populu e de etnia est istata senper presente in s’istoria de su populu nostru, paritzas vias s’est tramutata in resistentzia ispontanea contra su colonizatore de turnu e carki via in resistentzia organizata e armata, pacas vias, a dolu mannu nostru, est istata puru inghitora.

Una inghita armata no est bastata prima e non diat bastare mancu oje pro liberare sa Sardigna dae su colonizadore, ca non si trattat solu de tirannia e de ocupatzione militare ma de ocupatzione zenerale, culturale, ecunomica, de su modu de bivere e de pessare ki keret riduire so sardos a s’assimitzu de su populu colunizatore.

Custos intentos de canzellare sos caratiles natzionales de sos sardos, non naskin oje esistin da sa preistoria mediterranea.

Cuminzan sos Fenizios, sikin cartagenesos, romanos, vandalos, bizantinos, pisanos , genovesos, catalanos, aragonesos, piemontesos e italianos, totu mortos de morte naturale, petzi sos urtimos ki isperamus no istenten, totu an tentatu de cunbinker sos sardos de esser tott’unu kin issos, sos sardos, sardos in e sardos son restatos, meta de sos populos dominatores no esitin prus ne comente natzione ne comente istatu.

Totu an lassatu pacu de bonu e meta de malu, ma kene lu kerrer an affortitu sa cussentzia de populu e an fraicatu sa natzione sarda.

Sa natzione, diffatis no est unu fattu primigeniu o bilogicu ma unu prodottu istoricu ki naskit dae sa capatzitate de sos sardos de si cuffrontare, resistere e assimilare su ki li servit de sa curtura istranza de sos dominatores.

Sos sardos custrintos a canbiare natzionalitate kin su canbiare de su dominatore an cunpresu de no essere ne romanos, ne ispagnolos , ne italianos ma de essere unu populu a banna, prejoneri, ma divessu dae su colunizadore, an in pacas paraulas, picatu cussentzia de esser “sa natzione sarda”.

LA NAZIONE SARDA

La caratteristica specifica della oppressione vissuta dal nostro popolo sta nella negazione della esistenza del diritto alla “diversità” che l’essere Sardi, nello stato italiano, presuppone Sino a non molti anni fa, coloro che si occupa­vano delle questioni legate alle etnie e nazioni, dovevano scontrarsi con enormi diffidenze, che derivavano da un rifiuto generalizzato ad am­mettere che esistesse e che stesse crescendo la dimensione etnica nella società industriale avanzata. Nello stato italiano tale diffidenza era più acuta che altrove perché’ le “lenti con le quali si tendeva ad analizzare tali questioni erano quelle della modernità e della modernizzazione. Così ad esempio la questione della “dif­ferenza” etnica e linguistica veniva vista come una dimensione residuale, da considerarsi co­me indicatrice di devianza, destinata ad essere superata nel corso del tempo. Vi era poi un mo­tivo di natura empirica. Nel passato in Sarde­gna raramente la questione nazionale, intesa in termini scientifici, era patrimonio del vissuto degli intellettuali. Costoro erano più arretrati del nostro popolo che a partire dagli anni 80 in poi aveva prodotto una crescita delle forme della affermazione nazionale.

E’ allora divenuto im­possibile chiudere gli occhi di fronte a tale feno­meno ed è nata la necessità di rivederne le in­terpretazioni. Ma il processo di “revisione” non è avvenuto, come sarebbe stato logico atten­dersi, al di fuori delle preesistenti tradizioni teo­riche, si è piuttosto cercato di mistificare il problema, di farlo rientrare nei solco del vecchio e fallimentare patrimonio ideologico autonomista che sostanzialmente negava la pur indiscutibile esistenza di una questione nazionale sarda e quindi il diritto all’autodeterminazione. Si cerca di ripetere con una forma nuova la pratica di quei quarantacinque anni di regime autonomistico che sono anni di manbassa sulle risorse e potenzialità della nostra isola. Ma oggi matura la consapevolezza tra la nostra gente che l’attuale condizione di sottosviluppo e l’effetto di una politica portata avanti da una partitocrazia truffaldina e ladrona, che si è ar­ricchita svolgendo un ruolo intermediario e fa­vorendo i gruppi di potere d’oltremare gli inte­ressi dei quali erano antagonisti con quelli dei Sardi.

IL MOVIMENTO NAZIONALE

E’ il pericolo che i partiti tradizionali e “nuovi” oggi intravedono. I partiti, nati in Sardegna co­me figli e garanti del vecchio stato colonizzato­re, temono la presa di coscienza dei Sardi. La loro risposta e quella di accerchiare il movi­mento sardista per vanificarlo e svuotarlo di contenuto.

Questo avverrebbe se vincessero le posizioni che puntano ad una rispolveratura del regionalismo autonomistico espresso suo tempo da PCI, PSI e DC, adottato dalla miriade degli attuali partiti italiani e sperimentato dai Sardi in più di quarant’anni di fallimentare autonomia, o di un falso federalismo che garantirebbe la so­pravvivenza dei privilegi che hanno garantito ricchezza e sviluppo delle regioni forti di questo stato anche negando il diritto al vero autogo­verno dei Sardi.

La man bassa sulla nostra Iso­la, il sacco delle nostre coste, la rapina fiscale senza alcun ritorno ne sono testimonianza. In­segna qualcosa il passato? E’ utile ricordare le promesse non mantenute della stagione del “vento sardista”, quando pur di accedere al go­verno regionale si sono mortificate le speranze di tanti Sardi. Bisogna saper imparare dagli er­rori. Ed invece ci si dimentica che un grande movimento di popolo, che poteva portare alla fi­ne dì un sistema politico e sociale ingiusto, co­me quello imposto ai Sardi, è stato sconfitto non dalla mancanza di forza, ma dalI’incertezza, dall’abitudine alla sottomissione, dal com­promesso con partiti politici italiani che miravano a soffocarlo.

Quando Panzavolta il ragio­niere di Tangentopoli regalava centinaia di mi­lioni a Dc, Psi, Pci lo faceva perché questi ap­poggiassero il piano per la desolforazione, che significò impedire la gassificazione e chiudere le miniere. Questi stessi partiti, poi, chiamarono i minatori Sardi alla lotta contro un disastro da essi stessi costruito. Bisogna sconfiggere quella linea politica incoe­rente che oscilla tra alleanze, confusioni, con­sulte e minestroni, dove il grande assente è il progetto di difesa e liberazione della nazione Sarda e si insegue invece l’obbiettivo della co­struzione di un raggruppamento che garantisca ancora per qualche anno la poltrona agli uomini della solita ammucchiata. Così si da l’occasione ai partiti delle ruberie e delle tangenti di riciclarsi e ci si allea proprio con quel “personale politico” che ha portato la Sardegna alla sotto­missione più piena.

I cittadini Sardi che pagano le tasse ricevendo in cambio disoccupazione e rapina, i lavoratori sardi che oggi lottano per il lavoro, lo sviluppo e l’uguaglianza non hanno bisogno di patti o al­leanze con chi ne ha calpestato le richieste. Hanno bisogno di un movimento che lotti con fierezza per i diritti di tutti.

Ed invece i volti che ci vengono proposti sono sempre i soliti, personaggi che hanno assistito alla desertificazione produttiva della Sardegna ed hanno accettato che i suoi interessi venisse­ro messi all’asta senza reagire, nonostante po­tessero opporsi. Eppure un altro progetto politi­co è possibile. Quello di costruire un’alternativa sarda all’attuale sistema di ruberie, malaffare e clientele che ha le proprie profonde radici in tanti anni di oppressione coloniale.

Sardigna Natzione per questi motivi, a suo tempo, sì è dichia­rata indisponibile ad una adesione al cosiddetto “tavolo dei progressisti”, intorno al quale si è con­sumata l’ennesima beffa ai danni del Popolo Sar­do. La stessa idea che possano convivere al­l’interno di uno schieramento comune coloro che hanno la responsabilità del malgoverno, del perverso intreccio tra affari e politica, della svendita degli interessi e del lavoro dei Sardi ad un dominio politico e finanziario basato sulla dipendenza e chi, invece, si batte per la libera­zione dei Sardi da ogni oppressione nazionale e sociale ci è completamente estranea. La po­sizione di Sardigna Natzione è chiara e deter­minata. Vogliamo costruire con le forze che ab­biano testa gambe e braccia in Sardegna, che si battono contro la distruzione del nostro am­biente, della nostra economia e della nostra cultura millenaria una alternativa che sì oppon­ga alla politica di malgoverno che negli ultimi cinquant’anni si è espressa in una autonomia subordinata e dipendente dagli interessi dei potentati d’oltremare. Una logica che utilizza la minaccia della “destra che avanza” per impedire lo sviluppo del movimen­to per la liberazione dei Sardi, che cerca di in­nescare un clima da scontro bipolare nel quale gli interessi della Sardegna sarebbero ignorati perché questa diverrebbe campo di battaglia tra centro, destra e sinistra metropolitane, non ci interessa.

UN’IDEA DI LIBERTÀCHE CI VIENE DA LONTANO

La grande idea di liberazione dei Sardi, che inostri antenati ci affidarono agli albori della no­stra storia, è quella che ci guida oggi alle porte del terzo millennio. La linea di resistenza all’op­pressione che guidò il coraggio di Amsicora, la fierezza ed il buon governo di Mariano e di Eleonora d’Arborea, la lotta per il riscatto nazio­nale di Giovanni Maria Angioj, dopo gli ultimi quarantacinque anni di spreco di risorse e po­tenzialità della nostra isola, ci spinge ad una nuova e più determinata volontà di liberazione. Il movimento nazionale sardo deve affermare la propria identità e rifiutare alleanze che lo liquiderebbero. Un’unità senza principi non serve a niente.